Wanted! Continua la caccia al Bandito: la taglia è di 6879 euro. Sono soldi spesi bene, parola di NOTTELIVE.
CHI E'? Il fuorilegge in questione è schedato sotto il nome di Suzuki GSF 600 Bandit. Viene da lontano, dal paese del Sol Levante nei primissimi anni '90, quando le naked non erano viste ancora di buon grado. Suzuki invece guardava lontano prevedendo come il boom delle "nude" sarebbe esploso sul serio. Aveva mandato in avanscoperta il più piccolo della banda, il GSF 400, un urlatore a quattro cilindri, truce e cattivo. Poi arrivarono gli altri componenti: il capo era il forzuto 1200, ma il più furbo era senza dubbio il 600. Con le sue forme morbide ed equilibrate la versione nuda della Bandit 600 è ancora quella più affascinante, con il suo faro tondo e cromato, i due strumenti che spuntano come una volta. Nuda è meglio per l'occhio, ma quando poi c'è da fare chilometri sono dolori (veri, non per dire). La Bandit colpisce per la eccellente qualità generale, dalle verniciature ai minimi particolari.
NEW TELAIO Il telaio ha una sua spiccata personalità e funge da elemento di richiamo. Lo scheletro è un avvolgente coppia di tubi, originale soprattutto nella parte superiore, dove i tubi dritti e di grosso diametro uniscono il cannotto con la zona sotto sella. Il tutto è "coronato" con un serbatoio smilzo e mosso nelle forme. Il codino è slanciato e lanciato verso l'alto, i fianchetti neri vanno addirittura ad abbracciare la batteria di carburatori. Il risultato parla da solo: la nuda Suzuki fa davvero la sua scena.
OLIO FREDDO Il motore è il buon vecchio quattro cilindri raffreddato ad aria e olio con la sua inconfondibile alettatura del blocco cilindri, il grosso carter frizione e il colore grigio mat. Almeno a livello visivo è un'altra cosa rispetto a certi anonimi colleghi piatti sulle fusioni e poi martoriati da tubi e tubetti vari. Questo 600 16 valvole arriva dritto dritto dalla fine degli anni '80, quando aveva l'onore di spingere le iper sportive Suzuki. Ha il vantaggio di non richiedere un ingombrante radiatore dell'acqua (di solito difficile da nascondere su una nuda) perché utilizza l'olio motore per raffreddare le teste e l'aria per i cilindri. Negli anni non è mai stato ritoccato più di tanto, fondamentalmente perché va bene. Unica concessione nell’ ultima versione il sensore TPS, che accorda l'accensione elettronica alla batteria di carburatori Keihin da 32 mm.
DI TUTTO UN PO' Altre rivisitazioni nell' ultima versione riguardano le quote ciclistiche (la forcella è più "in piedi", ma l'interasse è aumentato), le gomme un po' più larghe, le pinze freno che hanno i pistoncini più grandi. I dischi invece rimangono tre e di uguale diametro. La sella è un po' più scavata nella zona del pilota. Poi, come dicevamo, c'è stato un gran lavoro sui dettagli: dai curiosi tubetti che reggono il cromatissimo quattro in uno alle pedane del passeggero, ai "pirolini" (non ci viene in mente un'espressione più immediata) per fissare il bagaglio con un elastico, di una comodità mostruosa. Andando a cercare il pelo nell'uovo troviamo uno spazio sotto la sella più ampio e il cavalletto centrale che ora è di serie. Tutta roba che male non fa.
GUSTO CLASSICO Ci è piaciuta parecchio la strumentazione di gusto classico, con contagiri e tachimetro incappucciati in due bussolotti cromati. Una concessione ai nostri tempi è il piccolo display digitale. Non è che ci faccia impazzire l'idea, ma gli diamo comunque il benvenuto perché prevede due contachilometri parziali e l'orologio, funzioni davvero importanti per i viaggiatori di lungo corso. Non c'è invece né indicatore benzina né spia, per cui bisogna affidarsi al tradizionalmente scomodo rubinetto.
COME VA Questa Bandit 600 è una moto che può fare parecchie cose, e tutte abbastanza bene. È molto portata al turismo, ad esempio, perché la posizione di guida è senza dubbio comoda oltretutto non è un problema montare borse laterali e bauletto. Il passeggero per una volta è trattato con il rispetto che si merita un essere umano, con le pedane al posto giusto e un bel maniglione dove attaccarsi. Non sarebbe proprio una cattiva idea piantare anche sotto a questa Bandit il motore aria-olio da 750 cc. Non dovrebbe essere così difficile. Per carità, il 4 in linea 600 va benissimo, ha prestazioni discrete e un'affidabilità sconvolgente. Oltretutto beve poco, perché i 16 con un litro ci sono sempre e andando a spasso si fanno anche i 20 però quei 150 cc in più del settemmezzo farebbero davvero comodo.
SPORTIVA? ABBASTANZA E allora ribaltiamo il discorso: se il motore gira tanto e frulla volentieri agli alti regimi piacerà agli smanettoni. Giusto, con 77 cavalli a disposizione ci si può divertire parecchio, perché cambio e frizione lavorano molto bene e permettono di gestire al meglio il caratterino pepato del 600 Suzuki. Basta tenerlo su di giri per schizzare via con un coinvolgente sibilo a mo' di colonna sonora. Dai 160 di crociera si può balzare a più di 220 indicati. Niente male! La ciclistica è sana, i freni ci sono, l'assetto in sella è giusto. Leggermente protesi in avanti si domina il mezzo alla grande, si è pronti a tutto. La guida è intuitiva e la Bandit scende in piega senza fare scherzi. Il peso non è piuma - 211 chili a secco - ma non dà assolutamente fastidio, la maneggevolezza invita a cercare i percorsi guidati. La stabilità nei curvoni è piacevole.
MOLLICCIA Se si forza il ritmo la forcella va però in crisi, perché è troppo morbida, mette in soggezione e nei tornanti toglie feeling con la ruota anteriore. Nel misto, invece, fa dondolare la moto, sembra ci sia una spugna tra il manubrio e l'asfalto. Comunque niente paura, la GSF 600 si guida bene pennellando le traiettorie, cercando una guida pulita e rotonda, prediligendo un'uscita di curva veloce alla staccata violenta. Certo che una forcella più corposa e con la regolazione nel precarico molla renderebbe la moto un gioiellino. <-GG-> |