Quando stamattina sono arrivato a Napoli ho trovato una città stanca. Facce spente con andamento lento; passi dati con il solito sforzo del Lunedì mattina. Strano. Molto strano. Sono giunto all’università e dalla postazione internet ho letto le notizie della mattinata. Proprio allora ho scoperto che in città i festeggiamenti per il passaggio in serie A sono finiti intorno alle 6, un paio di ore prima del mio arrivo. Ed allora mi è apparso tutto chiaro. Non era possibile. Napoli è una città che ha bisogno di urlare la sua gioia. Non è una città facile, anzi. Violenza e miseria sono le protagoniste di una vita che cerca in tutti i modi di assumere i toni della normalità, ma che quasi mai riesce nel suo intento. Così, quelle poche volte che capita, non ci si lascia scappare l’occasione di poter dire a se stesso “sono napoletano e sono contento”. Proprio per questo sostrato di sofferenza la manifestazione di gioia di un napoletano non è mai pacata, tranquilla, modesta. Il napoletano ha bisogno di urlare alla miseria, alla violenza che lui, questa volta, ce l’ha fatta! E allora via a cori, strombettate, fuochi, botti, bagni nelle fontane, striscioni che coprono intere piazze, giri forsennati in auto e in moto, voci rauche, facce rosse e chi più ne ha più ne metta. No, non è la stessa cosa. A Napoli è sempre un po’ diverso rispetto alle altre città. Eppure ieri si sono viste scene che hanno dell’incredibile. Bandiere genoane e napoletane mischiate a piazza De Ferrari. tutti ad esultare. Maglie del genoa anche a Napoli. Un clima di festa vera, sentita. Sembra paradossale ma ieri è arrivata una lezione di civiltà da chi non te lo aspetteresti mai. Sarà per le tonnellate di immondizia per la strada; sarà per l’interminabile lista di morti violente, ma ieri Napoli ha sentito il bisogno di una parentesi, di un momento di serenità. Lo so, non sarebbe stata la stessa cosa se l’epilogo sportivo non fosse stato lo stesso di ieri, ma pare che anche il destino abbia voluto fare la sua parte in questa pagina di storia.
La giornata sportiva La partita era di quelle rischiose. Il Napoli aveva vari dardi a suo favore: il doppio risultato utile, la straordinaria serie delle partite fuori casa, la squadra avversaria gemellata da più di venti anni. Ma per chi il bicchiere lo vede sempre mezzo vuoto il Napoli, ieri, aveva tutto da perdere. La sofferenza non è finita se non al fischio finale delle due partite calde. In campo si sono viste due partite: un primo tempo vero, giocato, con occasioni d’oro da entrambe le parti. Poi un secondo tempo più con l’orecchio alla radio che con il piede sul pallone. Ma questo era ovvio e scontato, e, mi dispiace per chi non lo capisce, non era antisportivo. Era opportunista, certo. Ma perché non è opportunista rubare la palla all’avversario o calciare il pallone in rete dove il portiere non può arrivare? Le premesse per una tragedia sportiva e non c’erano tutte, ma come ho già detto, pare che anche il destino abbia voluto fare la sua parte in questa pagina di storia.
Oggi i napoletani erano un po’ stanchi. Continueranno ad esserlo. Questa è stata solo una pagina di sport e costume. Continueranno ad esserci tonnellate di immondizia per la strada; la camorra continuerà ad uccidere. Ma la gioia sta anche nel fatto che una persona come il presidente De Laurentiis, proprio nel momento in cui avrebbe potuto permettersi di fare proclami populistici e demagogici in mondo visione, è rimasto con i piedi per terra ed a un giornalista che gli chiedeva quale grande acquisto avrebbe regalato al popolo napoletano ha risposto come avrebbe dovuto. Bravo!!
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